Il potere dell’abbraccio: una cura dimenticata

L’abbraccio è uno dei gesti più semplici e ancestrali che l’essere umano possa compiere. Eppure, nella sua apparente semplicità, si cela un potere profondo: quello di guarire, di connettere, di proteggere. Fin dalla nascita, il contatto fisico è il primo linguaggio che impariamo. Un neonato, appena venuto al mondo, non cerca parole, ma il calore di un corpo, il contatto rassicurante di due braccia che lo accolgono. L’abbraccio, in questa fase, non è un gesto opzionale: è nutrimento.
Come afferma Sue Gerhardt:
“L’amore plasma il cervello del bambino. Gli affetti, i gesti di cura e il contatto fisico hanno un ruolo cruciale nel costruire le connessioni neurali che regolano le emozioni.”
Numerosi studi scientifici confermano quanto il contatto fisico abbia effetti fondamentali sul benessere psicofisico. Bambini abbracciati con costanza crescono con una maggiore capacità di regolazione emotiva, minori livelli di ansia, una più alta autostima. Le carezze e gli abbracci stimolano il rilascio di ossitocina, l’ormone dell’amore e della calma, che contribuisce alla creazione del legame e riduce lo stress.¹
Allan Schore, nel suo lavoro pionieristico sulla regolazione emotiva, ha evidenziato come l’interazione precoce tra madre e bambino (compreso il contatto fisico) sia cruciale per lo sviluppo delle aree cerebrali implicate nell’autoregolazione emotiva. Schore afferma che l’abilità di regolare le emozioni si sviluppa principalmente attraverso il “contatto affettivo” che fornisce un modello di sicurezza interna nelle relazioni future.²
Eppure, col passare del tempo, qualcosa cambia. Crescendo, in molte culture , soprattutto occidentali , l’abbraccio inizia a essere visto come un gesto da riservare a momenti eccezionali o strettamente affettivi. Viene relegato all’intimità privata o, peggio, evitato del tutto per timore di mostrare vulnerabilità. La cultura della razionalità, del controllo e della distanza ha lentamente cancellato la saggezza primordiale del corpo, che sa che un abbraccio sincero può più di mille parole.
“Ci si protegge non mostrandosi, tenendo nascosti i propri pensieri, le proprie emozioni, i propri sogni. Ci si protegge in un guscio.”
(L’eleganza del riccio, Muriel Barbery)

Nel tempo, questa rimozione del gesto fisico si è trasformata in una sorta di difesa psicologica collettiva. L’abbraccio, con la sua capacità di creare connessione, può diventare scomodo perché ci mette in contatto diretto non solo con l’altro, ma anche con noi stessi. Accogliere un abbraccio significa accettare di sentire: il dolore, la gioia, la mancanza, la tenerezza. E sentire, in una società che spesso premia la disconnessione emotiva, è diventato pericoloso.
Così, paradossalmente, ciò che più ci protegge — il contatto, la vicinanza, la possibilità di essere visti e contenuti — viene vissuto come una minaccia. La cultura ha spesso insegnato che l’autonomia si conquista a scapito del bisogno, e che il bisogno di un abbraccio è un segno di debolezza. Ma è proprio il contrario: riconoscere di aver bisogno di un abbraccio è un atto di coraggio e di consapevolezza.
“Essere fragili non è essere deboli, ma avere il coraggio di sentire.”
(L’arte di essere fragili, Alessandro D’Avenia).
Nel mondo adulto, l’abbraccio può ancora essere una forma potente di cura. In momenti di stress, lutto, ansia o semplicemente di solitudine, l’abbraccio agisce come un balsamo per il sistema nervoso: abbassa il cortisolo, regola la frequenza cardiaca, restituisce un senso di appartenenza. Ci ricorda che non siamo soli. E ci aiuta a tornare nel corpo, a radicarci nel presente, a respirare.Recuperare la cultura dell’abbraccio è un atto rivoluzionario. Significa rompere la corazza della distanza emotiva e dare spazio alla vulnerabilità, alla tenerezza, all’umano. Significa tornare a sentire.
Perché, in fondo, ogni abbraccio sincero è un piccolo ritorno a casa.

Ricetta degli “abbracci”
Ingredienti:
– 2 braccia aperte
– 1 cuore disposto
– Presenza quanto basta
– Un pizzico di silenzio
– Fiducia (anche solo un grammo)
– Uno sguardo che dica “ti vedo”
Procedimento:
Avvicinati con rispetto-Respira profondamente insieme all’altro-Stringi senza fretta, senza forza. Solo abbastanza da dire: “ci sono”-Rimani il tempo che serve-Anche pochi secondi, se sono veri- Sciogli l’abbraccio lentamente- Lascia che qualcosa resti

Dose consigliata:
– Almeno 1 abbraccio sincero al giorno.
– In caso di stanchezza emotiva, ripetere frequentemente senza controindicazioni.
Effetti collaterali:
– Possibili lacrime inattese, sorrisi improvvisi, sensazione di calore al petto.
– Riduzione dello stress, aumento del senso di connessione e di benessere

Bibliografia
Barbery, M. (2007). L’eleganza del riccio. Edizioni e/o.
D’Avenia, A. (2016). L’arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita. Mondadori.
Gerhardt, S. (2004). Perché l’amore è importante. Come l’affetto plasma il cervello del bambino. Bollati Boringhieri.
Riferimenti scientifici
1-Uvnäs-Moberg, K. (1998). Oxytocin may mediate the benefits of positive social interaction and emotions. Psychoneuroendocrinology, 23(8), 819–835.
2-Schore, A. N. (2017). La regolazione degli affetti e la riparazione del sé. Astrolabio-Ubaldini Editore.

Articolo a cura della dr.ssa Cristina Castagnoli

2025-04-18T20:48:02+02:00