Togliamoci dal fango. La solidarietà può essere rivoluzionaria

Dinanzi a una tragedia come quella dell’alluvione tantissimi giovani hanno sentito come “una chiamata” e hanno imbracciato il badile relazionandosi con gli altri per aiutare la comunità a ripartire. 

Maggio 2023. In queste settimane eventi climatici di inaudita gravità hanno colpito la terra di Romagna.

Una concomitanza di fattori di cui il primo sostanziale un accumulo di pioggia di quantità enorme caduta sui rilievi e in pianura che ha portato allagamenti e distruzione.

A distanza di una settimana è caduta circa la metà della pioggia che dovrebbe cadere in un anno. Nei giorni precedenti eravamo stati avvisati della allerta meteo ma si sa informare non sempre fa rima con curare. E credo che su questo vada aperta una seria riflessione su come prepararci a questi eventi e riuscire a prevenirli il più possibile perché ritengo che non saranno fenomeni così isolati.Sono impressionanti le immagini di questa catastrofe che ridisegnerà la cartina geografica di interi territori.

In questa mappa desolante dopo un paio di settimane rifletto su quanto accaduto e se l’evento climatico trova parziali risposte e spiegazioni a cui ripeto dovrà seguire una degna risposta di prevenzione e ricostruzione, rimane invece aperta una domanda su quell’onda altrettanto anomala di aiuto volontario che si è attivata nelle ore successive.

Tralasciando gli appellativi romantici attribuiti è innegabile il movimento che si è attivato per dare veramente una mano. Giovani e giovanissimi che in forma del tutto autonoma e volontaria sembra abbiano risposto ad una chiamata propagata dai social e attraverso il passaparola, ma mi chiedo   esattamente quale è stato il cuore pulsante di questo gesto?

Il concetto di essere tutti nella stessa barca come all’epoca del covid ritorna.

In questa circostanza minacciati da un’alluvione che si è verificata purtroppo su un territorio di oltre 8.000km2.

Paura, attesa, ansia, impotenza. Abbiamo sviluppato una vera e propria dipendenza da internet cercando di capire a quanto avanzava la piena, dove potevano tracimare i fiumi e quali, cosa fare, cosa non fare. E ci siamo riscoperti anche molto impreparati.

E poi l’esito: i sommersi e i salvati.

Chi si è salvato ha trovato in un badile e in un paio di stivali un modo per esorcizzare lo scampato pericolo. Un gesto semplice alla portata di tutti, tanti.

E giovani. Immagini bellissime: ho respirato un senso di umanità che non provavo dal ‘77!

Ma qui nulla di politico, di eversivo, di ideologico.

Però mi piace pensare che sia stato uno sforzo attivo che veicola valori rivoluzionari: fraternità, uguaglianza e libertà.

In cosa hanno creduto quelle centinaia e centinaia di persone? Forse non c’è bisogno di credere a nulla. Forse è accaduto semplicemente per la forza del passaparola, dell’emulazione, del sentirsi utili, dell’ aiutare qualcuno più sfortunato. Forse è accaduto proprio perché non c’era nulla di politico, di eversivo o ideologico.

Oppure sì.

Perché la solidarietà può essere rivoluzionaria, semplice immediata. Una cura attraverso la cura. Perché è vero che nessuno si salva da solo, perché è vero che la sofferenza è un vissuto soggettivo ma che passa da una relazione. E la vita è relazione. E se non siamo stati in grado di prenderci cura della Terra dove abitiamo proviamo a prenderci cura del territorio della nostra anima, della nostra mente e della capacità di vivere come esseri umani.

articolo a cura di Paola Bianchi psicoterapeuta fondatrice Psicoterapia Liberamente Ravenna

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2023-06-08T23:05:59+02:00