Io mi prendo cura di te, ma chi si prende cura di me?

L’IMPORTANZA DI PRENDERSI CURA DELL’ALTRO MA ANCHE DI SE’ STESSI

Con il termine anglosassone “caregiver” ci si riferisce alla figura di riferimento di una persona che si trova in una condizione di non autosufficienza o di necessità di sostegno e aiuto per un periodo di tempo prolungato. Più semplicemente il caregiver è “colui che si prende cura”, ad esempio di persone con una disabilità cognitiva, con tumori, con sclerosi multipla, con ictus, con Parkinson, con demenze e Alzheimer, con patologie psichiatriche, etc.

I caregivers si possono distinguere tra:
– formali: ovvero i professionisti retribuiti, che si occupano di assistere le persone in contesti specifici (es. operatori, badanti, etc.)
– informali/familiari: ovvero coloro che, volontariamente e senza alcun compenso, si prendono cura di un proprio congiunto (es. partner, familiari, amici, etc.)
Soffermiamoci sulla figura dei caregivers familiari. Una diagnosi di malattia di una persona cara stravolge completamente anche la vita di chi gli sta accanto.
I caregivers familiari, infatti, spesso devono fare i conti con:
• Carico emotivo: oltre al paziente che riceve direttamente la diagnosi della sua malattia, anche il familiare che lo assiste si ritrova a dover gestire emozioni molto forti , quali, tra le altre:
– un senso di shock ed incredulità e/o rabbia, soprattutto nella fase iniziale della malattia:
– angoscia;
– negazione della malattia o spostamento (fare finta di nulla);
-rabbia nel non riuscire a darsi una spiegazione del “perché proprio io”;
– lutto anticipatorio;
– senso di vergogna o imbarazzo nei confronti dei comportamenti che talvolta caratterizzano alcuni malati (ad esempio i comportamenti disfunzionali dell’autismo o i comportamenti- problema delle demenze);
-sentirsi ipercoinvolto in una responsabilità impossibile da delegare, al punto da sentirsi in colpa nel caso di eventuali peggioramenti del proprio caro.
• Carico sociale: la perdita del proprio tempo libero, le difficoltà nel conciliare la vita sociale e familiare, nonché le difficoltà lavorative.
• Carico oggettivo: il numero effettivo di ore dedicate alla cura del proprio familiare.
• Carico fisico: il dispendio di energie impiegate nelle attività di sostegno e assistenza.
• Carico evolutivo: ovvero la sensazione di non poter condurre il tipo di vita desiderato o di non poter avere le stesse opportunità dei coetanei.

BURDEN E BURNOUT

Quello del caregiver familiare è un ruolo complesso, ricco di sfide emotive, assistenziali e relazionali. Non riuscire a gestirne lo stress e la fatica può portare alla cosiddetta sindrome da Burden (dall’inglese carico pesante), ovvero un logoramento psicologico dovuto alla sensazione della responsabilità costante della presa in cura (spesso con una disponibilità 24 ore su 24). Nel caso in cui questi aspetti venissero trascurati, il Burden può sfociare nel Burnout (dall’inglese bruciato, esaurito) ovvero una sindrome da esaurimento delle risorse cognitive ed emotive, causata da uno stress prolungato

EFFETTI DI UNO STRESS PROLUNGATO

Lo stress prolungato può portare i caregivers a sentirsi molto soli, spaesati o, addirittura, totalmente impotenti di fronte alla malattia. I sintomi che si possono manifestare sono:

• irritabilità, ansia;
• problemi di attenzione e concentrazione;
• sbalzi di umore;
• disturbi del sonno;
• preoccupazione e agitazione;
• somatizzazione e maggiore facilità ad ammalarsi;
• variazione dell’appetito;
• difficoltà a ricordare.

Affinché un caregivers non diventi a sua volta bisognoso di una cura medica, è importante che si prenda cura anche di sé stesso.

COME SI PUÒ CONCILIARE IL RUOLO DEL CAREGIVER CON IL PROPRIO BENESSERE PSICOLOGICO?

Tempo. La mancanza di tempo per sé è ciò che viene solitamente vissuto come ostacolo maggiore al proprio benessere psicologico. Per questo motivo verranno proposte, oltre che ad alcune indicazioni pratiche, una serie di riflessioni, che aiutino i caregiver a ridurre il proprio senso di carico nella presa in cura di un familiare malato.

Riconoscere le proprie emozioni: molto spesso si sopprimono le proprie emozioni, per non mostrarle al proprio caro, oppure, per non doverci fare i conti. Riuscire a riconoscere e dare un nome alle emozioni che si provano, tuttavia, è molto utile per alleggerirne il carico.
Sapere con cosa si sta facendo i conti: essere formati e conoscere le condizioni di salute del proprio caro, aiuta ad aumentare il proprio senso di competenza gestionale e di stabilità emotiva. Rimanere nel limbo del “non so”, mentre da un lato può sembrare rassicurante, dall’altro può lasciare spazio a timori e angosce molto più pesanti di quelli reali.
Valorizzare la crescita personale: ricordarsi che un ruolo complesso come quello del caregiver è un valore aggiunto, non solo una fatica.
Mantenere un ruolo: sebbene il ruolo del caregiver possa ricoprire la maggior parte della quotidianità, è importante ricordarsi anche il proprio ruolo di figlio, genitore, lavoratore, etc.
Mantenere un “sano egoismo”: in passato circolava il detto “fermate il mondo, voglio scendere”. Se il mondo non si può fermare, siate voi a fermarvi! Concedetevi qualche momento di pausa, anche solo una mezz’ora al giorno, una serata e una giornata ogni tanto. Anche se vi potrebbe sembrare una perdita di tempo (sottratto alla cura), in realtà, vi permetterà di migliorare il vostro umore e di essere più propensi all’aiuto del vostro caro.
L’importanza di non sentirsi soli: riuscire a condividere i propri vissuti, aiuta a sentirsi capiti e accolti. Quando si diventa caregivers è importante affidarsi ai medici di riferimento e ad eventuali gruppi di formazione e sostegno rivolti ai familiari. E’ importante informarsi sulle realtà esistenti sul proprio territorio (sia pubbliche che private) o a livello nazionale.
Creare una rete: Questo punto è molto collegato con quello precedente ma si riferisce alla rete di Servizi esistenti es. trasporti, assistenza domiciliare, volontariato nell’associazione di riferimento e a tutti quegli aiuti pratici che possono aiutare il caregiver a gestire la malattia del proprio caro. Durante la malattia di un proprio caro può essere inoltre molto utile coinvolgere quanti più familiari o amici possibili, anche per evitare di isolarsi nella malattia.

“Quando curi una malattia puoi vincere o perdere.
Quando ti prendi cura di una persona vinci sempre.”
Patch Adams

Elisabetta Fanti
Psicoterapeuta del Centro Liberamente e per l’Associazione Alzheimer Ravenna

2020-12-05T21:34:53+01:00