Tutto quello che avrei voluto sapere prima di andare dallo psicologo- di

Tutto quello che avrei voluto sapere prima di iniziare ad andare dallo psicologo
Non devi piacere al tuo psicologo. Non deve piacerti il tuo psicologo.
Di Hannah Ewens
13 settembre 2017,
ILLUSTRAZIONI DI CALUM HEAT

Ho 25 anni, e sono in terapia da dieci anni esatti. In questo decennio ho avuto esperienza di uno psicologo infantile, diversi tentativi con la terapia cognitivo-comportamentale e l’analisi, e numerosi psicologi. Se fosse un matrimonio, starei festeggiando le nozze di alluminio—ovvero un legame che può piegarsi ma non venire spezzato. Non mi viene in mente di meglio, considerando che ho attraversato fasi in cui pensavo di smettere perché non serviva a nulla, salvo poi tornare con la coda tra le gambe.

Sono stata in terapia per problemi vari, inclusi ansia e disturbi dell’alimentazione, e per altre cose di cui non esiste una definizione precisa. Ancora oggi non sono assolutamente in grado di dire come faccia la terapia a funzionare per problemi così diversi, e come mai ogni persona risponda in modo diverso. Eppure, andando per tentativi ho capito un sacco di cose, cose che avrei voluto che qualcuno mi avesse detto subito.

TROVA IL TERAPEUTA GIUSTO

Gli psicologi sono persone, e come tutte le persone possono starci antipatici. Probabilmente il fatto che il tuo psicologo ti piaccia non fa molta differenza sul piano clinico, visto che tendenzialmente non devi uscirci insieme. Comunque, è meglio se non ti sta antipatico e—ancora più importante—se ti fidi di lui/lei.

Alcuni terapeuti sono troppo empatici. Io ne ho avuto uno così: con lui le sedute duravano ben più dell’ora canonica, due o tre ore, mi consigliava libri e serie tv. Andare a casa sua era un po’ come pagare per andare a trovare il nonno, solo un nonno con cui fare discorsi esistenziali. Dopo ogni seduta mi salutava con la mano dall’uscio di casa finché non scomparivo dietro l’angolo—e a quel punto scoppiavo a piangere perché era carino con me e mi ricordava che io non ero mai carina con me stessa.

Altri terapeuti invece sono eccessivamente distaccati e ti lasciano proiettare su di loro tutto quello che vuoi. Ti siedi sulla poltrona del loro studio, racconti i tuoi traumi e la loro faccia rimane inespressiva. Ti sembra che non ti abbiano nemmeno sentito. Nessuno dei due approcci è sbagliato a prescindere, basta che funzioni, e io personalmente mi trovo meglio con il secondo.

Hai tutto il diritto di “tradirli”, ovvero provare ad andare da qualcun altro senza dirglielo. Non sei obbligato a impegnarti. Voler cambiare è normale, e io ho imparato che uno psicologo che funziona con una persona può essere del tutto inutile a un’altra. Ad esempio, dopo la fine di una relazione particolarmente importante, sapevo che avrei dovuto parlare della mia sessualità, ma sapevo anche che lo psicologo che mi seguiva allora non era in grado di aiutarmi nel modo migliore. Così sono sparita, nel senso che ho proprio smesso di chiamarlo per fissare sedute e non ho più risposto ai suoi messaggi, perché non ce la facevo a dirglielo. Mi sono comportata in modo infantile, ma col senno di poi si è rivelata la cosa giusta: ho trovato una psicologa con cui parlare e confrontarmi.

NON DEVI VOLER PIACERE AL TUO PSICOLOGO

È naturale voler piacere alle persone. A volte, quando racconto qualcosa alla mia psicoterapeuta, mi ritrovo a modulare la voce, assumere un tono drammatico e accompagnare il racconto con gesti di vario tipo nell’esplicito tentativo di intrattenerla. Se la faccio ridere, mi sento bene. Se ho qualche problema particolare, durante il percorso da casa al suo studio entro in paranoia perché ho paura di annoiarla. E cerco sempre qualche aneddoto divertente con cui iniziare, per rompere il ghiaccio.

Ma proprio come il tuo psicologo non deve per forza piacere a te, tu non devi per forza piacere al tuo psicologo. Anzi, non devi volergli piacere: se cerchi di piacergli non avrai mai sedute produttive. È un professionista lì per aiutarti, non per farsi intrattenere.

NON DEVI NASCONDERGLI NIENTE

Sii totalmente sincero. Ci ho messo anni, io, a non nascondere informazioni ai miei terapeuti, ed è un problema che si ripresenta ciclicamente ogni volta che ne vedo uno nuovo: “Se gli dico questa cosa penserà che sono un troia/una brutta persona/una stupida.” Forse è un meccanismo dovuto alla differenza d’età—i miei terapeuti sono sempre stati molto più grandi di me—o più probabilmente al fatto che condividere certe cose è particolarmente spiacevole e imbarazzante.

Ma perché lo fai? Qualsiasi cosa tu voglia nascondergli, probabilmente ha già sentito di peggio. Se gli nascondi le cose, non potrà mai aiutarti davvero. La cosa che mi piace meno della terapia è il fatto che nessuno ti verrà mai a dire cosa ha capito di te. Ti lasceranno a farti venire in mente le cose da solo, ad arrivarci come in reazione a qualcosa che ti viene detto. Perciò devi considerare tutto quel parlare di cose orribili come un parlare a te stesso. Quindi devi considerare il tuo terapeuta come un’estensione di te.

METTI IN CHIARO FIN DA SUBITO COSA VUOI OTTENERE

Quella volta che ho cambiato il mio psicologo con una psicologa per parlare di sesso più liberamente, ho risolto molto in fretta il problema che mi tormentava. Avevo identificato con grande precisione il punto su cui la mia relazione si era arenata, ed era esattamente di quello che volevo parlare per riuscire ad avere una relazione sana in futuro. Perciò sono arrivata in studio per la prima seduta con tutta una serie di obiettivi e temi da trattare, e quando ho finito lei ha aggrottato la fronte e ha detto, “Wow.” Sembra banale, ma più tu gli rendi facile il lavoro, più loro sono in grado di aiutarti rapidamente.

La comunicazione è essenziale. Se pensi che non state arrivando da nessuna parte, dillo chiaramente.

NON TI RICORDERAI MAI COS’È CHE TI HANNO DETTO CHE TI HA AIUTATO

Una seduta è un periodo di tempo in cui tu e il tuo terapeuta parlate finché da questo scambio verbale non si arriva a una rivelazione, e improvvisamente ti senti meglio. Una volta che esci dal suo studio, però, non sei in grado di ricordare cos’è stato a farti stare meglio, che frase ha fatto scattare la rivelazione. È frustrante.

Mi è capitato proprio quest’anno mentre cercavo di affrontare le ragioni della mia ansia e la tendenza ad auto-sabotare le relazioni. Stavamo parlando del periodo in cui i miei genitori sono stati costretti (per anni, per questioni di soldi) a vivere sotto lo stesso tetto dopo la separazione—un cliché. Mentre loro si distruggevano, io avevo problemi di ansia, depressione, tendenze suicide.

E lei continuava a farmi le sue tipiche domande ipotetiche: e se fossi andata da tua madre a raccontarle dei tuoi problemi—come avrebbe reagito? E tu come ti saresti sentita? Come avresti reagito sentendoti ignorata? Poi passava ad analizzare accuratamente i miei sentimenti e le strutture emotive che avevo sviluppato per proteggermi in quella situazione, compresa la paura dei legami. A posteriori mi sembra tutto ovvio. Ma quando me l’ha detto, mi ha distrutta.

Dopo ogni seduta prendo appunti per riuscire a catturare qualcosa. Ma spesso, quella frase che mi ha colpita e che all’improvviso mi ha fatto considerare i miei problemi da un altro punto di vista è andata persa per sempre da qualche parte nel mio subconscio. Mi era sembrata rivoluzionaria solo perché era la prima volta che la sentivo.

UN TERAPEUTA DEVE DARTI CONSIGLI, NON DIRTI COSA DEVI FARE

Uno psicologo una volta ha cercato in tutti i modi di convincermi a prendere una certa decisione importante. Alla fine ho fatto come diceva lui, ma sono consapevole di averlo fatto solo perché, appunto, me lo aveva detto lui. In realtà queste persone non sono lì solo per darti consigli, aiutarti e guidarti. Non lasciare che prendano il timone della tua vita. Ogni decisione che prendi influenza anche la tua salute mentale, e per questo dovresti mantenere il controllo sulle tue scelte.

IL MODO IN CUI TI RAPPORTI CON LE ALTRE PERSONE CAMBIERÀ

Dopo dieci anni di terapia, non so dire se anche prima ero una persona così aperta con gli altri o se lo sono adesso proprio perché da dieci anni vado in terapia. Fatto sta che ora non sono più in grado di provare vergogna. È davvero difficile che mi senta in imbarazzo. Nulla di quello che può succedermi potrà mai competere con l’imbarazzo che provo una volta alla settimana, in uno studio.

ASCOLTA IL TUO PSICOLOGO

In generale, la psicanalisi ti costringe a interrogarti sul perché pensi quello che pensi. La terapia cognitivo-comportamentale ti chiede come gestisci, affronti o cambi quei brutti pensieri. Una grossa parte della mia esperienza è consistita nel fare i “compiti”, e mi ricordo che mi sentivo incredibilmente stupida a star lì a barrare caselle e riempire colonne, soprattutto quando non riuscivo nemmeno a digitare al pc senza tremare. Mi ricordo che non mi andava di farlo, che tutto il processo di mappare i miei pensieri e sentimenti mi sembrava inutile, un insulto alla mia intelligenza. Alla fine ho smesso di comportarmi in modo così arrogante, e sono arrivata a un punto in cui ero così disperata da divenire docile. E in effetti un pochino ha aiutato.

Lo stesso discorso vale per le cose di cui parlate insieme. Quando insieme al tuo psicologo pianifichi di scusarti con tutte le persone che hai trattato di merda, o di iniziare ad andare a letto presto, poi devi attenerti a quel piano. Non pensare di essere troppo intelligente, brillante o speciale. Obbedisci e basta.

PENSERAI CHE IL TUO PSICOLOGO TI SPII

Forse sono solo io che sono egocentrica, ma penso sempre che gli psicologi siano curiosi e mi cerchino su Google. In mia difesa, posso dire che una volta uno di loro mi ha citato una cosa che non gli avevo mai detto. Gli ho chiesto come facesse a saperla e lui mi ha risposto—come se fosse la cosa più naturale del mondo—che l’aveva letto sul mio Twitter. Aveva passato in rassegna tutti i miei tweet su Tinder, le mie scopate e le mie sbronze. Ogni mio psicologo sapeva e sa cosa faccio di lavoro: ora, mentre scrivo questo articolo, penso a quando lo leggeranno e paragoneranno la me che l’ha scritto a quella che andava da loro. Forse la mia attuale psicologa lo sta leggendo proprio adesso. Se è così, ci vediamo venerdì.

NON POTRAI PIÙ IMMAGINARE LA TUA VITA SENZA

Spesso mi sono chiesta se la terapia non sia diventata per me una specie di paracadute. Ogni volta che la mia psicologa mi dice che la prossima settimana non ci sarà perché va in vacanza mi infurio e tra me e me penso, “Che egoista. E ora cosa dovrei fare? Badare a me stessa?” Un sacco di gente mi chiede se dopo un po’ non finisco le cose di cui parlare con lei, ma la risposta è che non succede mai.

A volte penso di smettere ma poi mi dico, perché dovrei? Negli ultimi dieci anni a volte ho smesso con la terapia—a volte per iniziativa del servizio sanitario nazionale, a volte perché sentivo di non averne più bisogno—ma ogni singola volta che ho smesso poi sono stata male e ho dovuto ricominciare. E nel tempo che ci ho messo a trovare un nuovo specialista o a riprendere i contatti con quello vecchio la situazione era già precipitata, e io stessa sapevo che ci avrei messo un bel po’ a tornare funzionale.

La mia paura più grande è quella di essere a tanto così dalla vera pazzia, il genere di malattia mentale da cui non c’è ritorno. So che da un momento all’altro potrei perdere ogni contatto con la realtà e vedere cose che non esistono. Non posso dimenticarmelo. Per questo pago un professionista che ne sa più di me perché ogni settimana mi parli e mi rassicuri sul fatto che sono “normale” e che non sono “pazza.” Magari un giorno riuscirò a fare senza. Ma anche se non dovessi riuscirci, la prospettiva di parlare dei fatti miei con qualcuno per i prossimi 20, 30 o 40 anni mi sta bene.

@hannahrosewens tratto dalla rivista Vice

2020-12-05T21:35:52+01:00